sabato 24 settembre 2011

Uno di uno di due

Da piccolo mi mandavano a giocare in compagnia con i miei compagni di scuola o con gli amichetti del quartiere. Io preferivo giocare da solo, nel salone, in un mondo inventato da me tutto fatto di immaginazione. La cosa che odiavo di più era vedere i bambini in cortile e dover scendere per unirmi a loro, mi sentivo un intruso; come se volessi imporre la mia, credevo, non voluta presenza. Poi con gli anni ho capito che era una cosa normale ma era troppo tardi. Da adolescente c’erano le compagnie, a me non piacevano perché erano degli universi chiusi in cui le parole, i gesti i racconti erano sempre nel circolo della compagnia, delle stesse persone. Preferivo gli amici a piccoli gruppi. Da adulto le relazioni si stabilizzano principalmente a coppie oppure a gruppi di coppie, questo a volte mi ricorda quando ero bambino e mi sento fuori posto. Ovviamente non parlo del “giocare da solo”, sarebbe un facile umorismo e Woody Allen ha già esaurito l’argomento. Però la singolarità oggi non è solitudine ma è identità, nel viaggio, nelle attività, nel pensiero. Mi è rimasta solo quella sensazione di essere invadente anche solo con la mia presenza, a volte anche presso le persone più care. Sensazione che forse appare come distacco o freddezza, e non quella goffa autolimitazione che dovrebbe essere. La grande stranezza è che mi piace essere coppia, mi piacciono proprio le condivisioni e le sincronie, le vicinanze e le telepatie. Ma questa è magia e prima di essere una metà devo essere un intero su cui l’altra metà si può appoggiare.



Foto: a couple of, settembre 2011, Carroponte

domenica 4 settembre 2011

Fiori d’acqua sbocciati sul ferro


Ed eccola la prima vera pioggia di fine estate, definitiva come un “a capo”. Ma nulla cambia, il ciclo persiste. Così dopo un sabato passato sonnecchiando e una notte insonne avvelenata da malinconici pensieri cerco di rubare ad una domenica di pioggia un po’ di vita. Gratto due parole dai pochi amici incontrati per strada, frugo nei giornali e nella rete qualche idea che mi permetta di dissetare l’animale. Scaccio il rumore della pioggia con il rumore dell’otturatore, e magicamente scaccia anche i pensieri. Respiriamo in sincronia, prima io, poi lui. E ci credo che dentro quell’immagine si fermi un momento, adesso anche il video manda odore di pioggia. Così sono contento.



foto: rain flower (4), progetto pioggia, settembre 2011