lunedì 24 settembre 2012

Un'ora di luce


Tanto per saltare da un’universo ad un altro senza scomodare la fisica mi sono dedicato a dieci giorni di cinema, l’occasione è stata seguire, fotografandolo, il Milano Film Festival. Diciamo che ho giocato a fare il reporter dilettante ma caparbio. Adesso che ci penso molte cose le faccio così, ma questa è materia per altre reflessioni che il cielo autunnale mi invita a rimandare.  Così ho visto tanti film, alcuni molto belli, alcuni entusiasmanti, diversi già dimenticati, un paio talmente brutti che non riuscirò mai a scordarli. In realtà mi è piaciuto sentire raccontare il mondo del cinema dalle voci dei registi, e ad essere sincero, mi è piaciuto sentire confermare da loro la mia visione del cinema: un po’ romantico, un po’ nostalgico. Ho sentito come una responsabilità l’invito a “fare cinema”, come se fosse una cosa da niente. Però è stato bello essere immersi in una folla eterogenea, che più diversa di così non si può, tutta protesa a respirare la luce che rimbalza dallo schermo. Un’apnea collettiva nelle immagini e nei suoni che toglie al tempo il suo protagonismo. Tutto intorno c’erano un mucchio di cose belle tra cui  la settimana della moda, il Festival MiTo, che hanno diviso Milano in settori che, sciocchezze a parte, fa dispiacere perdersi. C’era cinema ovunque. Al MiTo ho visto un meraviglioso Chaplin orchestrato dal vivo e l’associazione Scheggia ha regalo un film coreano da urlo. Ora devo mettere in ordine le sensazioni raccolte, sfoltirne le ridondanze e vedere se qualche cosa germoglia. Non che io voglia coprire la calvizia con le delle foglie: Elio insegna che potrebbe essere molto pericoloso.

Foto: Milano Film Festival 2012 - Parco Sempione