venerdì 23 agosto 2013

Raccontabile ma non spiegabile


Sono solo sbarre di ferro arrugginito eppure emozionano, ma perché? Ai Weiwei ha fatto raccogliere i rottami metallici di una scuola crollata per un terremoto durante il quale centinaia di  studenti sono morti. Una volta colto il punto di partenza l’attenzione si sofferma e capiamo che siamo di fronte ad un tributo, ad una protesta, per quella scuola costruita con materiali inadatti e che ci ricorda una dolorosa vicenda anche nostra. Ha fatto raddrizzare i tondini di acciaio e li ha fatti allineare su tre file, in modo che la somma delle lunghezze di tre tondini fossero uguali, poi tutti i pezzi della stessa lunghezza sono stati sovrapposti. Quello che si ottiene è l’immagine di un paesaggio scosso dal sisma, irregolare e ferito. Ma quello che ho sentito subito sono stati i bambini, come se fossero stati allineati in file di tre, per tutte le classi. Hai presente il gioioso baccano di un cortile affollato di una scuola. Questa secondo me è la potenza dell’arte moderna, lo sfuggire alla prima immagine incontrata. Non è la Pietà di Michelangelo che per sempre porterà con se la magia dell’opera umana, non è nemmeno l’irriverenza di un ready-made di Duchamp, ma per alcuni minuti ha avuto in sé tutta pietà e la potenza espressiva che io potevo sentire. Alla Biennale di Venezia ci sono tante opere così, ognuna con una sensazione da scatenare, molte saranno dimenticate o diventeranno un feticcio da collezionisti, altre le ho incontrate come se fossero esperienze vissute. Dal mio punto di vista il massimo sarebbe stato che l’artista avesse martellato personalmente ogni tondino, io credo che nel gesto ci sia un passaggio di sensibilità tra l’uomo e la materia, ovviamente non in senso fisico ma in senso figurato (però potrebbe essere stato fermato da “cause di forza maggiore” come il carcere). Così come credo che tra l’immaginare e l’esporre ci sia un gran lavoro fisico e tecnico, quello che separa la sensibilità propria dell’umano alla creazione propria dell’artista, del divino, se preferite.


mercoledì 14 agosto 2013

Milano ama l'estate



Milano ama l’estate, quella di Agosto, quella intensa, la stessa implacabile del film “Il Sorpasso”. La città è una signora che si distende al sole più caldo  nella propria terrazza, attenta che nessuno la guardi e raccoglie tutti i raggi che può. Quando le chiederanno dove è stata in vacanza racconterà di brevi visite ad amici in celebri luoghi di villeggiatura o butterà lì una meta esotica: un Kenya qualsiasi. Gli anziani che ne percorrono le strade con il loro carrellini della spesa sono piccoli e sparsi come gocce di sudore sulle pelle tesa dell’asfalto. I turisti appollaiati ai bordi della piscina del castello rumoreggiano, come piccioni che tubano sul davanzale stretti al gufo di plastica che dovrebbe scacciarli. La guardano, gli piace, ma non capiscono perché.  Le vetrine sbarrate da cartelli che annunciano brevi ma inevitabili vacanze,  sono come i tuoi pensieri Milano: lontani; mandati a riposare nella testa di qualcun altro. C’è silenzio, ne approfitto per scivolarti accanto, mi allungo per sentire tutto il calore che restituisci. Con calma, con una lentezza che non riconosco mia, ti studio e cerco angoli nuovi che mi sorprendano. C’è solo il Sole come testimone, sbirciando tra i palazzi, crea ombre con cui si può giocare. Provo a catturarle ma non sei tu quella che ho preso, è poco meno dell’immagine di te, come le briciole di un pasto. Nelle vene della metropolitana gli attori del campionario umano spiccano in tutte le pose possibili, non sono più diluiti nella folla e si esibiscono liberi nel loro ruolo. Anche i mendicanti ridono dei passeggeri che improvvisano sguardi vuoti, duri o distratti, in Agosto non possono essere invisibili e rinfacciano la loro esistenza. Nella zona più folta di te, nei parchi, la gente inscena simulazioni di villeggiatura con tanto di costumi e attrezzature; non sono rassegnati ma sorpresi di trovare le vacanze senza allontanarsi da casa, sono sorpresi di usare gli spazi e di non violare nessun divieto. Come sei bella quando ci lasci provare a dirigere l’azione. Sono più svagato quando torno casa, mi hai preso qualcosa e mi hai dato qualcosa d’altro, torno domani, ma se puoi telefonami.

foto: Rosso Improvviso, 10 agosto 2013