sabato 31 maggio 2014

Intimità


Lo spazio ristretto, isolato e protetto dell’abitacolo di un’automobile è una perfetta rappresentazione del spazio intimo del suo guidatore. Non per nulla le personalità emergono, come radiografate, osservando alcuni guidatori soli nella propria auto. Oltre a canzoni urlate ed rino-esplorazioni, l’automobile estende e mette su gomma alcuni aspetti della personalità. Io in auto parlo ad alta voce da solo, ovviamente se sono da solo. In questo periodo che ho alternato con frequenze incredibili giorni in cui ero completamente solo a giorni in cui ero immerso in dinamici gruppi di persone, più o meno conosciute, più o meno amiche, ma tutte vicine, ho pensato spesso al mio concetto di intimità.
Nella mia famiglia non ci si abbraccia o ci si bacia, praticamente non succede mai e credo non sia successo mai. Forse alcune volte talmente rare ed imbarazzate che si è dimenticato. Eppure è una famiglia molto unita e “affettuosa”, in altri modi. Io sono portato ad esprimere anche fisicamente il mio affetto e la mia vicinanza, quindi vivo un continuo conflitto nel mio comportamento. Se incontro un amico tendo la mano anche se vorrei abbracciarlo, raramente con una amica mi sporgo per sfiorarle la guancia, di solito aspetto di coglierne l’attesa. Questo è l’altro aspetto molesto: questo timore di sembrare invadente, di andare oltre il consentito, o forse peggio, ottenere un rifiuto. Il rifiuto mi è insopportabile, centra il nucleo più sensibile del mio orgoglio. Quindi il gesto affettuoso che è un ponte tra due intimità, per chi non ha meccanizzato e banalizzato certe esternazioni, diventa un tentennamento che aumenta il distacco. Adesso scendo dall’auto, abbraccio il tizio dell’autolavaggio e gli dico “bel lavoro!”... ma no, forse è meglio di no.




Foto: nell'autolavaggio, 27 Maggio 2015