mercoledì 23 maggio 2018

Fuori dal bosco


All’improvviso fu una luce accecante che gli esplose in faccia segnando un passaggio dal buio del bosco al sole più arrogante. Ci vollero un po’ di respiri per rendersi conto che il paesaggio era cambiato, che davanti aveva una pianura morbida vezzosamente adornata di colline. Si voltò a guardare il bosco, fitto, nero, e non negò a se stesso la tentazione di tornare dentro in quel mondo ostile, ma che conosceva bene, che per tutta la vita aveva abitato. La schiena era ancora nel freddo dell’ombra, il petto cuoceva nel sole, era tagliato in due dal timore di non toccare nulla , di commettere l’ovvio gesto sbagliato che condanna al lungo pentimento. Restare immobili non ci salva dall’errore, ci toglie la responsabilità di agire delegando il potere alla paura: alla fine resta comunque il pentimento. Ma il sole gli andò incontro benevolo e deciso.
Lasciò cadere lo zaino ma non si sedette a terra, si limitò a guardare il panorama, a mangiarlo per metterselo dentro nello stomaco. Se pochi secondi fà la sorpresa lo voleva ricacciare nel bosco ora aveva paura di tornarci, temeva che tutto questo fosse un sogno. Il bosco era dietro e sembrava allontanarsi, ritirarsi nel passato, per entrarci ora avrebbe dovuto inseguirlo correndo. Intorno non c’era traccia di altre fitte boscaglie, di sentieri arrampicati sulle coste delle montagne sempre sotto la pioggia; c’era solo il prato morbido, il sole e il cielo punteggiato di nuvole con un ruolo strettamente decorativo. In passato il bosco gli aveva concesso delle tregue, degli sprazzi di sole che sembravano la giusta libertà, ma poi si era richiuso imprigionandolo di nuovo.
Nel lungo vagare inseguendo le luci nella folta boscaglia aveva inventato il suo sentiero non avendo tracce che lo aiutassero; camminando e inciampando aveva tanto sognato il mondo fuori dal bosco e ne aveva fatto un progetto ben definito nella sua mente. Il disegno del mondo “come  avrebbe dovuto essere” era descritto in ogni dettaglio e adesso quel mondo era davanti ai suoi occhi. Non era l’emozione a dare questa illusione, era l’erba che si muoveva nella brezza esattamente come lui aveva immaginato si muovesse, così il ruscello faceva il giusto rumore e la temperatura sulla pelle era perfetta. Poteva essere solo un sogno se la perfezione del desiderio non esiste nel mondo. Il bosco allora era un posto più sicuro perché nella tragicità del dolore c’è la certezza del reale, della vita. Il sogno è la vita sospesa, è il cuore che si prende una pausa e chiede al cervello di cantargli una canzone. Ma il sogno, ammesso fosse un sogno, continuava; allora tanto valeva la pena di prendere lo zaino e attraversarlo, di gustarselo fino in fondo questo sogno, tanto al risveglio ci sarà tempo per bestemmiare nuovamente il dio carceriere. Si infilò uno stelo d’erba tra le labbra, si sorprese per il sapore che incredibilmente già conosceva e si avviò verso una valle tra due colline dal profilo dolce, dove il tramonto appoggiandosi sembra disegnasse un sorriso di benvenuto.


foto: In/Out

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